"Chiudiamo le facoltà umanistiche": la provocazione-appello di una docente universitaria

"Chiudiamo le facoltà umanistiche": la provocazione-appello di una docente universitaria

Pubblichiamo qui di seguito la lettera di Federica Ricci Garotti, 67 anni, docente di Lingua Tedesca presso l' Università di Trento.

La lettera è comparsa sul quotidiano La Repubblica.

"Da professoressa universitaria prossima alla pensione, ho alle spalle molti anni di frustrazione per il futuro delle e dei giovani che ho formato e formo. Vedere laureate e laureati e spediti al massacro è un abominio, tanto che giungo a una proposta provocatoria e ultimativa: perché mandare al macello migliaia di giovani senza la prospettiva di una professione adeguata al loro percorso e non chiudere definitivamente le porte a saperi dei quali l’Italia, evidentemente, non sa che farsene?

Quanti laureati in Lettere, Beni culturali, Filosofia, Sociologia, Psicologia e anche Giurisprudenza ed Economia sono destinati a lavorare nel campo per cui hanno studiato? Quanti, per farlo, dovranno emigrare? Quanti faranno i rider, i commessi, gli assistenti senza borsa, le/i segretarie del professionista, quanti lavoreranno alle poste o occuperanno una cattedra nella scuola, senza formazione né voglia? E allora chiudiamole, queste fabbriche delle illusioni che sono le nostre facoltà, che formano sì persone competenti, ma disoccupate, sotto occupate o emigranti questuanti come furono i nostri nonni negli anni Cinquanta.

Basta con le prediche sull’importanza delle competenze trasversali che formano cittadine e cittadini civili ed educati, colti, lucidi, dotti perfino: fuori dall’università i figli dei ricchi hanno un futuro e gli altri hanno solo le competenze. Dichiariamo, una volta per tutte, la sconfitta totale dello Stato per quanto riguarda i e le giovani laureate con il loro corredo di master, tirocini, praticantati di grande prestigio (perché l’Italia solo quello può offrire, tirocini e stage, parola che i datori di lavoro nemmeno danno pronunciare). E noi adulti lì a farci rompere i timpani sulle elezioni presidenziali 24 ore al giorno per cogliere anche il minimo sospiro di uno sconosciuto e insignificante rappresentante al parlamento che nemmeno sapevamo esistesse.

Giornalisti, occupatevi di noi, fate le maratone sull’università, sull’assurdità di una generazione che stiamo perdendo, abbiamo già perso e continueremo a perdere. Non sono solo i politici a disinteressarsi dei giovani, siete anche voi. Non devono essere solo i virologi ad occupare gli schermi: scuola e università devono tornare ad essere centrali nel dibattito pubblico. Oppure, come sopra: chiudeteci. Io, e come me tanti colleghi, non posso più prestarmi a fare da complice a questa ipocrisia generale, non posso più far finta che quello che faccio sia importante e sono stufa di sentirmi dire che l'università è comunque importante per l’educazione civica delle future cittadine e cittadini. Quale sarebbe l’educazione civica di generazioni mandate al massacro? Forse non vi siete accorti che i giovani non votano?

Ho una formazione materialista dunque so che le educate cittadine e cittadini mangiano, pagano l’affitto e mettono energia nel lavoro che devono poter scegliere. Se non possono farlo muoiono, a diversi livelli. Lavorare per quel che si è imparato a fare e si sa, in Italia, è un privilegio. Questa è la vera emergenza: guardatela in faccia. Di tutto il resto abbiamo parlato (inutilmente e spesso a vanvera) abbastanza".

(Tratto dal quotidiano La Repubblica, 08 Febbraio 2022, Invece Concita)


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