Finalmente anche gli oltre 14mila aspiranti docenti che hanno conseguito l'abilitazione all'estero potranno insegnare: a stabilirlo è l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con una sentenza firmata dal presidente Luigi Maruotti.
I paesi dove sono state conseguite per la maggior parte le abilitazioni sono la Romania e la Bulgaria.
I percorsi di formazione seguiti riguardano anche le cattedre di sostegno, per via del fatto che in Italia i posti a disposizione sono pochi e a numero chiuso.
La decisione del Consiglio di Stato mette fine al limbo nel quale migliaia di docenti vivevano da anni: “Spetta al ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative”.
La sentenza quindi afferma chiaramente che i docenti si possono abilitare all’estero, ed è compito del Ministero esaminare il percorso che hanno fatto e valutare se riconoscere loro gli stessi diritti di chi svolge un Tfa in Italia.
Secondo i numeri riportati dal Fatto Quotidiano, circa quattromila laureati italiani hanno scelto di abilitarsi in Bulgaria, e diecimila in Romania.
A festeggiare non sono solo i docenti, ma anche i sindacati, ad esempio la segretaria nazionale della Cisl Scuola Ivana Barbacci, che dichiara:
“La sentenza mette ordine rispetto ad una sorta di confusione e ambiguità che fino ad oggi il ministero ha alimentato. Il provvedimento del Consiglio di Stato per noi si poggia su una base solida dal punto di vista giuridico che è quella della procedura di comparazione: c’è da salvaguardare il diritto della libera circolazione dei lavoratori tra i Paesi nel momento in cui possiedono titoli che sono stati verificati, equiparati e valutati idonei per lo svolgimento di professioni”.
Ora il lavoro per permettere effettivamente ai nuovi insegnanti di svolgere il proprio lavoro spetta al ministero dell’Istruzione e del Merito.
Bisogna acquisire i titoli e verificare la compatibilità sia per i romeni che vengono in Italia sia per chi va dall'Italia in Romania (o in altri paesi).
Se invece, come nel caso della Bulgaria, il paese non rilascia un certificato valido per l’abilitazione all’insegnamento, è un obbligo del ministero andare a verificare se i corsi sono compatibili. Invece in Romania c’è già un automatismo che vale anche per le professioni mediche, per cui i titoli devono essere riconosciuti.
Lo Stato da sempre ha reso un po' complicata la vita degli insegnanti: uno dei motivi è che da due anni è stato bandito un corso-concorso con procedura abilitante, facendo pagare una tassa per le prove preselettive ma non è ancora partito.
Invece per il corso Tfa Sostegno – il corso obbligatorio per diventare insegnanti di sostegno – da sempre c’è un numero programmato per accedere ai corsi con test di ingresso, e i posti messi a bando non corrispondono alle reali esigenze di cattedre su sostegno, che sono invece molto numerose.
Per questi motivi chi è interessato all'insegnamento si mobilita per prendere l’abilitazione all’estero.
Chi non si abilita in Italia inevitabilmente va a diminuire le entrate degli atenei italiani, affidandosi ad università estere che spesso portano avanti meccanismi speculativi e si approfittano di chi farebbe di tutto per abilitarsi.
La soluzione sarebbe predisporre dei percorsi abilitanti in Italia con posti secondo il fabbisogno reale, e aumentare i contratti finalizzati al ruolo anche per i docenti che hanno una pluriennale esperienza sul sostegno pur non avendo il titolo richiesto.