Se ti sei mai chiesto cosa sono gli interpelli nel mondo della scuola, sappi che sono una specie di "caccia al tesoro" per trovare insegnanti disponibili, quando le graduatorie ufficiali sono esaurite. In poche parole, quando non si riesce a coprire una cattedra vacante o una supplenza temporanea con gli insegnanti in lista, ecco che le scuole possono aprire le porte agli aspiranti docenti attraverso gli interpelli. Si tratta di un sistema che permette alle istituzioni scolastiche di convocare autonomamente candidati, con un po' di creatività normativa e una buona dose di speranza.
Gli interpelli sono regolati solo parzialmente dalla nuova Ordinanza Ministeriale n. 88/2024, art. 13 comma 23. Questo significa che, una volta esaurite le graduatorie di istituto della scuola in questione e di quelle vicine, le scuole devono pubblicare un avviso pubblico. Chi può candidarsi? Beh, c’è una sorta di gerarchia:
Qui le cose si complicano. In teoria, il Ministero dice: "Diamo precedenza a chi ha i titoli giusti". Ma nella pratica, a volte, non si trova nessuno! E allora, che si fa? Si iniziano a considerare anche i famosi “titoli affini”, una categoria che lascia spazio a interpretazioni piuttosto libere. Ma attenzione: non è solo una questione di titoli!
1. Penalizzati se ti ammali troppo? Non ci crederai, ma in alcuni interpelli è scritto nero su bianco: chi si assenta troppo, anche per motivi legittimi, viene scartato. Se hai superato il 15% delle assenze rispetto ai giorni del contratto, addio candidatura! Un criterio, questo, che mette in difficoltà chiunque possa trovarsi in una situazione di salute delicata o con problemi personali. Sì, anche i prof sono esseri umani!
2. Vivi vicino alla scuola? Punti extra! In alcuni interpelli, vivere vicino alla scuola ti dà una marcia in più. Se abiti nello stesso comune, ti becchi 5 punti extra. Abiti nella stessa provincia ma in un altro comune? 3 punti. E se sei fuori provincia? Beh, niente punti per te, amico. Come dire, essere a due passi dalla scuola può fare la differenza!
3. Hai già lavorato qui? Benvenuto! C'è poi il criterio della continuità didattica, che premia chi ha già insegnato nella stessa scuola. Una buona idea, ma che solleva dubbi: è giusto privilegiare sempre chi è già stato lì, a discapito di chi potrebbe portare freschezza e nuove competenze?
4. Statali vs Non Statali: la sfida è aperta Se hai insegnato in una scuola statale per più di 3 anni, guadagni ben 10 punti. Da 1 a 3 anni? 7 punti. Se invece hai lavorato in una scuola non statale, mi dispiace, non prendi nemmeno un punto. Un criterio che, a prima vista, sembra penalizzare chi ha accumulato esperienza preziosa in contesti educativi diversi, come se l'insegnamento di qualità fosse solo una prerogativa pubblica. Ma non erano parte dello stesso sistema educativo?
Questi interpelli, alla fine, si trasformano in una vera e propria lotteria. Certo, la base di tutto resta l’abilitazione e il titolo di studio, ma i criteri aggiuntivi fanno sì che la situazione diventi una giungla di regole a volte poco comprensibili. Una sorta di caccia ai punti dove la residenza, l’esperienza passata e perfino la salute possono fare la differenza. Ma, forse, la vera domanda da farsi è: siamo sicuri che questi criteri siano davvero quelli giusti per garantire una didattica di qualità?
In conclusione, gli interpelli rappresentano un’ancora di salvezza per le scuole in cerca disperata di insegnanti, ma i criteri adottati lasciano aperti molti interrogativi. La sfida è trovare un equilibrio tra la necessità di coprire le cattedre e la valorizzazione delle competenze degli aspiranti docenti. E in questo caos, forse la soluzione è tornare a puntare davvero sulla qualità e sulla meritocrazia, senza lasciarsi trascinare dalle interpretazioni "creative" delle regole!