«Non è che non ho paura. So bene che ci sono dei rischi. Ma a marzo, quando le scuole sono state chiuse, mia figlia non ha più parlato. Tutto quello che avevamo fatto per farla star meglio sembrava perduto. Per questo io voglio che lei stia a scuola». Così G., di 15 anni e abitante di Roseto degli Abruzzi va tutte le mattine a scuola. Frequenta la prima B del liceo linguistico Saffo. Essendo affetta dalla sindrome di down, le regole dell’ultimo Dpcm, quello con cui il governo ha chiuso le scuole superiori fino al 4 dicembre, prevedono un’eccezione: lei può stare in classe, con i prof e anche con alcuni compagni.
«Non è questione dei prof, che hanno fatto un ottimo lavoro - racconta Claudia Frezza, la mamma di G., al Corriere della Sera - ma è che in classe da sola mia figlia si sente di nuovo isolata. Ho letto che è possibile che la scuola organizzi piccoli gruppi di studenti che vengano in classe insieme ad un piccolo gruppo di compagni».
A questo punto, mamma Claudia e il preside Achille Volpini si sono messi al lavoro. Lette e rilette le carte, i dpcm, le ordinanze regionali hanno visto che si può fare. «Ho scritto alle famiglie della classe - racconta Volpini che è arrivato nella scuola a settembre e si è trovato senza banchi e con classi inagibili con cantieri aperti - per chiedere chi fosse disponibile a turno a tornare a scuola con G.».
Non è stata una scelta facile per i genitori dei compagni: molti vengono con i mezzi pubblici dai paesi vicini. In una settimana comunque il preside ha avuto quattro risposte positive. Così da lunedì 16 a turno, due compagni di G. saranno in classe: «Ho organizzato dei turni, ogni compagno verrà un paio di giorni alla settimana e sono convinto che altri si aggiungeranno», spiega il preside.
«Ma questo è un caso unico - racconta ancora Volpini - purtroppo per gli altri casi di ragazzi con disabilità nella mia scuola la situazione è diversa: sono ragazzi fragili e dunque per loro abbiamo dovuto predisporre l’istruzione domiciliare già dall’inizio dell’anno».