C'è una differenza che fa rumore tra nord e sud nella scuola italiana, ed è in uno dei suoi temi più delicati: la formazione e la disponibilità di insegnanti di sostegno. Così, mentre il 63% delle cattedre di sostegno scoperte siano al nord, i corsi del TFA, che formeranno i prossimi insegnanti di sostegno, verranno organizzati soprattutto da atenei del sud Italia.
Nemmeno questo ciclo di TFA (il VII, che partirà a fine maggio con le prove preselettive) riuscirà quindi a risolvere le necessità. E questo nonostante i posti totali previsti siano 25.874, quasi 10mila in più di quanti la Cisl ne abbia stimati come vacanti.
Al nord Italia i corsi attivati non arriveranno nemmeno al 20% del fabbisogno. Nella sola Lombardia si contano 5.700 posizioni vacanti ma il TFA sarà per soli 1.240 candidati, in Piemonte a fronte di 2.611 cattedre di sostegno scoperte ci saranno 450 posti nel TFA.
Al sud la situazione è completamente opposta. In Campania si richiedono solo 73 insegnanti di sostegno ma verranno attivati 2.070 posti nei TFA. In Sicilia i posti scoperti sono 184 ma ci sarà la possibilità di formare fino a 5.000 insegnanti di sostegno.
Ciò che può accadere in futuro alla luce di questi dati è preoccupante e facile da prevedere. Tanti insegnanti di sostegno specializzati e disoccupati al sud, saranno costretti a trasferirsi in istituti settentrionali. Insegnanti con la valigia che prima o poi finiranno per spostarsi di nuovo, togliendo il fondamentale requisito della continuità alla formazione degli studenti con difficoltà di apprendimento.
E non potendo risolversi solo con questi trasferimenti la situazione al nord, molti studenti dovranno essere seguiti da insegnanti privi di specializzazione per il sostegno. Qua a venire meno sarà il requisito della qualità della loro formazione.
La Segretaria Generale Cisl scuola, Ivana Barbacci chiede almeno che per questi docenti di sostegno privi di titolo venga previsto “l’accesso diretto e garantito ai percorsi di formazione, per raggiungere la specializzazione e poter essere assunti in ruolo. Così che possa essere garantita la continuità didattica, sempre sbandierata a parole ma negata nei fatti da politiche del tutto inadeguate e prive di lungimiranza”.
In una circolare di fine 2021, il Ministero dell’Università e della Ricerca aveva richiesto agli atenei, rispetto all’attivazione dei TFA, “un’ampia partecipazione volta a coprire il fabbisogno dei docenti specializzati sul sostegno didattico”. Inutile dire che non sia stata recepita a dovere, sebbene al nord sia aumentato di circa un migliaio il numero di posti previsti.
“Cosa manca alle Università del Nord che non riescono ad attivare i posti necessari? - si chiede Ivana Barbacci - Eppure sono università stimate; perché alcuni territori sono più attenti a queste esigenze e altri no?”.
La realtà è che queste università predispongono i loro corsi anche in base alle richieste di posti previste. E al nord la domanda di formazione è inferiore rispetto al sud.
Come invertire la tendenza e rendere più attraente la professione? Una soluzione è quella di sempre: pagare di più gli insegnanti. Vale per tutti ma forse di più per quelli di sostegno, una professione estremamente delicata ma che sa dare soddisfazioni umane.
Le difficoltà nel reperire personale si è vista anche con il Decreto Milleproroghe, che ha disposto per il prossimo anno scolastico l’immissione di ruolo per tanti docenti di sostegno specializzati ma che non avevano ancora superato il concorso. Con la cronica mancanza di insegnanti non è escluso che il provvedimento diventi strutturale
In una situazione simile vi è quindi la possibilità di essere contattati anche senza avere tutti i requisiti. Per chi è interessato e motivato, vista la disponibilità di posti, consigliamo dunque l'invio della Messa a Disposizione.