Nel giorno simbolico del 25 novembre 2024, dedicato alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la giustizia ha pronunciato una sentenza che scuote le coscienze: Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della sua compagna, Giulia Tramontana, incinta di sette mesi.
Un verdetto che non porta gioia, ma che rappresenta la risposta necessaria a un crimine terribile, eseguito con una crudeltà che lascia senza parole.
Giulia e il suo bambino sono stati privati di tutto: della loro vita, del loro futuro, dei loro sogni. Di fronte a un crimine così crudele, dove l’amore è stato tradito dalla violenza, la giustizia non poteva che rispondere con fermezza.
Nemmeno un giorno in meno.
L’ergastolo non è motivo di gioia, ma è un messaggio chiaro: non ci sarà mai spazio per giustificare la brutalità, mai una scusa per tollerarla.
La condanna di Impagnatiello arriva in un giorno dal valore simbolico profondo. Il 25 novembre è il momento in cui il mondo si ferma per ricordare le vittime e riflettere su cosa possiamo fare, come società, per prevenire queste tragedie.
Eppure, nonostante i progressi, i numeri continuano a essere spaventosi: ogni giorno, in Italia, una donna viene uccisa da qualcuno che conosce, da qualcuno che avrebbe dovuto amarla e proteggerla.
Questa vicenda solleva interrogativi importanti:
La condanna di Impagnatiello è un passo, ma resta molto da fare per costruire una società in cui la violenza di genere non trovi più spazio.
La violenza non è solo un atto. È un pensiero, un atteggiamento, un’abitudine. E spesso, queste radici iniziano a crescere molto prima che si manifestino. È per questo che la scuola ha un ruolo centrale nella prevenzione.
Eppure, l’Italia è uno dei pochi Paesi europei a non avere un piano nazionale per l’educazione sessuo-affettiva. Le scuole restano spesso sole nel fronteggiare un problema così complesso. Alcuni dati:
Appena 13 progetti hanno coinvolto le scuole primarie, nonostante l’OMS suggerisca che l’educazione al rispetto debba iniziare dall’infanzia.
Episodi così drammatici ci ricordano quanto sia fondamentale il ruolo dell’educazione nella prevenzione della violenza. La scuola è uno degli strumenti più potenti per insegnare il rispetto, l’empatia e l’uguaglianza.
Voglioinsegnare.it, che da sempre si impegna a supportare i docenti e il mondo dell’istruzione, sottolinea l’importanza di formare insegnanti consapevoli del loro ruolo educativo. I docenti non trasmettono solo nozioni, ma possono essere veri agenti di cambiamento, educando le nuove generazioni a combattere ogni forma di discriminazione e prevaricazione.
Investire nella scuola significa investire in una società in cui tragedie come quella di Giulia possano essere prevenute.
Il piano sperimentale introdotto nel 2023 prevede 30 ore annuali dedicate alla violenza di genere all’interno dell’educazione civica per le scuole superiori. Ma 30 ore, facoltative e fuori dall’orario curricolare, possono davvero bastare?
Come ha dichiarato l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza:
“Non saranno sufficienti. La cultura del rispetto si costruisce fin da piccoli, con un’educazione sistematica e continuativa.”
Giulia non è solo una vittima. È un simbolo. Il suo nome rappresenta tutte le donne che non ce l’hanno fatta, tutte le storie interrotte dalla violenza.
Ma Giulia è anche una responsabilità: un invito per tutti noi a fare di più, a insegnare il rispetto, a costruire una cultura in cui nessuno si senta più padrone della vita di un altro.
Il 25 novembre non deve essere solo un giorno di ricordo, ma una chiamata all’azione. Non possiamo più restare a guardare. La giustizia ha fatto il suo corso per Giulia, ma resta molto da fare per cambiare una società in cui la violenza continua a trovare spazio.
La scuola, le famiglie, le istituzioni, ognuno di noi ha un ruolo. Per Giulia, per tutte le donne, per il futuro che vogliamo costruire.