Sulla riapertura e chiusura scuole, il governo ha cambiato più volte idea e modus operandi.
A farne un quadro preciso è l'inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera del 29 novombre.
Ad esempio a marzo, in piena emergenza sanitaria, un decreto legge stabiliva che i sindaci non avrebbero potuto assumere decisioni in contrasto con quelle dello Stato. Questa regola generale viene però abrogata lo scorso luglio.
Quando si ripresenta l'emergenza sanitaria a ottobre, alle Regioni e anche ai comuni è però concesso di intervenire con misure più restrittive se ci sono motivi urgenti.
Si è entrati così in contrasto con quanto stabilito a inizio anno.
Le prime regioni a decidere in maniera autonoma sono Campania e Puglia. Le famiglie fanno ricorso al Tar, che però in un caso (Campania) dà ragione a chi ha chiuso, nell'altro (Bari) annulla la decisione della Regione Puglia ma, siccome non c'è convinzione su questa decisione, aggiunge la postilla che la decisione spetta a famiglie e singoli istituti.
La Calabria è diventata zona rossa dal 6 novembre, non per il numero di contagi ma per via delle strutture sanitarie fatiscenti, nonostante i 10 anni di commissariamento della sanità regionale.
Qui ogni comune ha deciso in autonomia, provocando una discreta confusione. Ad esempio, nel comune di Maida (provincia di Catanzaro) il sindaco chiude le scuole il 2 novembre, il 10 le riapre, poi ci ripensa e in serata le richiude.
Nel comune di Paola con circa 70 contagiati su 15mila abitanti, il sindaco ha stabilito la chiusura delle scuole pur “in assenza di dati specifici”. Dopo il ricorso al Tar delle famiglie, sono stati aperti gli istituti. Contemporaneamente però il presidente della Regione facente funzione chiude tutte le scuole, e dopo un nuovo ricorso al Tar le famiglie vincono di nuovo, ma le scuole rimangono comunque chiuse.
Grazie ai fondi PON (Programmi Operativi Nazionali) sono stati stanziati fondi per mettere in sicurezza le scuole per un totale di 331 milioni, erogando ad esempio 40 milioni di euro in Lombardia e 29 milioni di euro in Sicilia. Questo però non è bastato a garantire la riapertura delle scuole.
In tutta Europa, è il governo centrale che prende decisioni sul sistema scolastico. In alcuni paesi, come Grecia, Belgio e Olanda, le scuole hanno chiuso per 15 giorni ma in nessun paese è stata fermata la didattica.
In Germania ad esempio tutte le scuole sono rimaste aperte, e in caso di positività si chiude solo la singola classe o la singola scuola.
In Francia Macron ha fatto un patto generazionale, affermando: “chiudiamo le attività, ma non penalizziamo gli studenti, perché sono il nostro futuro”.
Il conto più salato lo stanno quindi scontando i più giovani, che devono affrontare più problemi: in particolare, il problema della dispersione scolastica e della didattica a distanza malfunzionante. Ciò è dovuto ad assenza di linee internet. Chi sta peggio è la Calabria, con più del 30% di famiglie che non hanno accesso a internet. A seguire, Molise, Basilicata, Sicilia e Puglia.
È chiaro quindi che in un paese in cui milioni di cittadini non hanno internet, la didattica a distanza non può funzionare, privando così generazioni di studenti al diritto all'istruzione.
Non solo: in regioni dove la criminalità è più infiltrata, come Campania, Calabria e Sicilia, con la sospensione dell'istruzione essa si può diffondere in maniera maggiore.