Una malattia grave e la richiesta di lezioni a domicilio: la risposta è stata la concessione di 6,69 ore alla settimana, a fronte della necessità di averne 18.
È il Fatto Quotidiano a riportare la notizia, e spiega nell'articolo l'origine della vicenda.
Il protagonista è il quattordicenne Loris (nome di fantasia) ed è stato vittima di una condotta discriminatoria, in base a quanto riportato dal giudice Silvia Albano.
I genitori si sono rivolti a tutte le istituzioni possibili: prima alla scuola, fino ad arrivare al Miur, infine al presidente della FIRST, Federazione Italiana rete sostegno persone con disabilità.
La sindrome di George è la sindrome di cui soffre l'alunno, e la disabilità è certificata dal Bambin Gesù, l'ospedale pediatrico. L'Asl di Torino ha fatto invece la diagnosi funzionale.
Sembra insomma che non manchi niente per poter beneficiare dell'istruzione domiciliare.
È stato anche fatto un Pei, ovvero un Piano Educativo Personalizzato, come si procede in questi casi, e le ore a domicilio necessarie sono state riconosciute come massime.
Le ore assegnate però non sono appunto quelle necessarie, ovvero 18, ma 6,69.
4 ore di sostegno sono dunque state assegnate a Loris. Le restanti lezioni sono state erogate tramite collegamenti Skype e insegnanti curriculari.
La scuola ha provato ad aiutare la famiglia, scrivendo anche al Miur, ma non è servito a nulla.
Un ricorso urgente è stato fatto, e in 4 giorni il giudice ha obbligato gli insegnanti di sostegno a svolgere le diciotto ore a casa dell'alunno.
A giugno è stata fissata l'udienza. Questa ordinanza è storica, perché il principio di tutela massima è stato applicato in caso di assistenza domiciliare.
Non vanno quindi fatte discriminazioni tra ragazzi disabili e gli altri alunni.
Il giudice si è espresso anche nella sezione "Diritti della persona e immigrazione civile" in merito alla vicenda.