La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento che riguarda principalmente la capacità di leggere in maniera corretta e colpisce all’incirca un bambino su dieci in tutto il mondo.
La legge italiana lo riconosce nell’articolo 1 della 170 del 2010 e negli ultimi dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito viene indicato come sono il 4,9% gli alunni italiani con disturbi DSA, un criterio diagnostico che affianca alla dislessia altri disturbi come la discalculia e la disgrafia.
Si tratta di una percentuale relativa al 2019, ed è in netto aumento rispetto al 2010, quando era ferma allo 0,9%. Numericamente si parla di circa 290.000 mila coinvolti tra bambini e ragazzi, 16mila dei quali all’università.
Questo aumento allarma, vista la situazione complicata dell’insegnamento di sostegno nella scuola italiana.
Soprattutto al nord Italia il fabbisogno di docenti di sostegno non è mai soddisfatto da personale specializzato e si ricorre ad insegnanti che, seppur di buona volontà, non hanno affrontato studi specifici come il TFA sostegno.
Un problema nella crescita di ogni studente che rischia di aumentare il proprio divario di apprendimento rispetto ai compagni, e una pesante mancanza per lo Stato nella garanzia del costituzionale diritto alle pari opportunità.
La dislessia non rende solamente complicata la lettura. A volte può causare difficoltà nello scrivere, nel conoscere e recitare l’alfabeto, nel fare lo spelling corretto delle parole.
Non esiste un vero e proprio test che può diagnosticare la dislessia, e la diagnosi è quindi solitamente basata su una combinazione di fattori come i sintomi personali, la storia della famiglia o i risultati scolastici. La dislessia può infatti manifestarsi già nei primi anni di scuola primaria e persistere nel tempo.
I trattamenti, oltre alla presenza di insegnanti di sostegno, possono beneficiare dall’utilizzo di tecnologie di assistenza come i cosiddetti text-to-speech software, strumenti cioè in grado di fare una sintesi vocale dei testi scritti.