L’Italia si conferma tristemente ai primi posti in Europa per l’abbandono scolastico. Nel 2020 il 13.1% degli studenti ha lasciato gli studi senza raggiungere la licenza superiore.
Con una media europea del 9.9%, solo Romania, Spagna e Malta hanno fatto peggio rispettivamente con il 15.6%, il 16% e il 16.7%.
In maniera non troppo sorprendente non si tratta di un dato esploso con la pandemia di quell’anno, anzi. Dal 2011 la percentuale di abbandono è scesa dal 17.8%, ma resta ancora un problema endemico della nostra penisola.
Nell’analisi dei dati per regione si nota che il problema appartiene soprattutto al sud Italia, mentre il centro-nord si trova in linea con i paesi del nord Europa.
Alcuni esempi sono dati da Emilia-Romagna (9.3%), Molise (8.6%), Friuli Venezia-Giulia (8.5%) e Abruzzo (8%) per il centro-Nord, e da Puglia (15.6%), Calabria (16.6%), Campania (17.3%), Sicilia (19.4%) per il Sud.
La quantità di fondi destinati dal governo al mondo dell’istruzione e della ricerca resta una delle minori d’Europa, in rapporto al PIL.
E il Documento di Economia e Finanza 2022 si inserisce in questa direzione. A fronte di un investimento sulla scuola pari al 4% del PIL, che era previsto nel budget 2021-23, nel Def 2022 la percentuale è scesa al 3.5%.
La speranza di risoluzione rapida di questi problemi è invece nel Pnrr, il Piano nazionale resistenza e resilienza, che per il contrasto della dispersione scolastica ha stanziato 1,5 miliardi di euro (da aggiungersi ai 10 miliardi previsti per migliorare le strutture scolastiche).
A definire le indicazioni generali per la gestione del miliardo e mezzo previsto sarà un gruppo di lavoro, formato da esperti del settore, predisposto dal ministero dell’Istruzione. Le loro riflessioni verranno consegnate al governo entro fine mese.
Queste alcune delle aree su cui si focalizzerà il lavoro del gruppo:
“maggiore attenzione alla personalizzazione dei percorsi scolastici negli istituti dove i livelli di apprendimento risultino meno elevati, sostegno mirato ai dirigenti scolastici, mentoring e formazione (anche da remoto) per almeno il 50% dei docenti, potenziamento del tempo scuola con progettualità dedicate”.