L’esordio non fu dei migliori. Giunto al Quirinale per l’insediamento del governo Draghi nel febbraio 2021, Patrizio Bianchi rispose così alla domanda su quando avesse ricevuto la notizia dell’incarico: “l’ho imparato ieri sera”. Immediate le critiche della rete e l’imitazione satirica di Maurizio Crozza.
L’anno e mezzo seguente, che andrà a concludersi a breve dopo le dimissioni del premier Mario Draghi, lo ha portato per la quantità trasversale di critiche ricevute sulla scia di predecessori storici come Mariastella Gelmini e Letizia Moratti. Critiche che non bastano mai a definire l’operato di un politico, ma che hanno davvero accompagnato tutti questi 18 mesi.
Gestione della pandemia, mancate assunzioni in ruolo, programmi estivi, riforma della scuola. Le critiche sono arrivate da ogni dove che fossero sindacati, politici e persino studenti. Questi ultimi in buona parte contrari al ritorno delle prove scritte alla maturità.
Bianchi l’aveva spiegata in questi termini: “Evitare anche quest’anno la prova orale avrebbe lasciato addosso a un’intera generazione la paura di essere quella che non ce la fanno. Noi adulti non possiamo assecondare questa idea”. Forse qualche studente al primo esame universitario scritto gli darà ragione.
Patrizio Bianchi tornerà ora probabilmente a prendersi i ruoli che aveva lasciato vacanti accettando l’incarico. La cattedra Unesco “Educazione, crescita ed eguaglianza” e il posto di professore ordinario di Economia applicata all’Università di Ferrara, di cui era in passato stato anche Rettore.
Bianchi non è stato però solo un tecnico prestato alla politica, annoverando già due mandati da assessore all’istruzione in Emilia Romagna. Soprattutto, era stato scelto dall’ex ministra Lucia Azzolina a coordinare la task force ministeriale sulla ripartenza nei mesi della pandemia. Peccato che il documento finale non fu mai preso in considerazione. “Sarebbe stato utile aprire un dibattito” commentò amaro.
Ad andare in porto è invece stata la riforma della scuola, quella su cui tanto si era esposto durante il periodo al Miur e a cui si legherà il suo nome negli anni a venire.
Formazione continua dei docenti, nuove modalità di reclutamento, attenzione al digitale. Agli annunci hanno fatto seguito i fatti seppur con la solita scia di polimiche. Ora con il cambio di governo alcuni elementi della riforma, come il ruolo delle scuole di formazione, potrebbero subire delle modifiche.
Vanno in archivio invece altre idee di Bianchi. Come l’introduzione della filosofia negli istituti tecnici o la rivoluzionaria proposta su una scuola media che superasse la rigida divisione tra materie. Era per l’ex Ministro la soluzione migliore per combattere la dispersione scolastica.
Finisce infine anche l’epoca della “scuola affettuosa”, spiegata da Patrizio Bianchi come una scuola “che si fa carico di tutti e permette a tutti di arrivare a fondo; Se, ad esempio, tu hai preso quattro hai più bisogno degli altri di essere aiutato, perché ci sono dei problemi. Una scuola che non lasci correre, perché gli alunni devono essere un gruppo e non un branco”.
Ora spazio al nuovo Ministro dell’Istruzione. Sarà il quinto cambio nel dicastero di Viale Trastevere negli ultimi cinque anni.