Sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile è stato pubblicato il decreto relativo alla riforma del reclutamento docenti. Il testo dovrà ora passare al vaglio del Parlamento per la trasformazione in Legge entro 60 giorni, dunque sono ancora possibili delle modifiche.
All’interno del decreto si leggono però novità non del tutto positive per il futuro dei docenti italiani.
Come preannunciato si avvierà un sistema di formazione degli insegnanti per potenziarne le competenze, parallelo a quello istituito dalla riforma Buona Scuola introdotta dal governo Renzi.
L’adesione ai corsi formativi sarà obbligatoria per i neoassunti, volontaria per tutti gli altri. La durata prevista di questi corsi è triennale, e prevederà un incentivo economico (“indennità una tantum”) per coloro che li supereranno con valutazione positiva.
I fondi per il premio ai docenti partiranno dal 2026, ammontando a 20 milioni di euro per il primo anno per poi continuare a salire: 85 milioni nel 2027, 160 nel 2028, 236 nel 2029, 311 nel 2030 e 387 a decorrere dall’anno 2031.
Ciò che causerà di certo polemiche sono le modalità di reperimento delle risorse, ovvero tagliando il personale a disposizione delle scuole a partire dal 2026.
Questo si legge sul Decreto: “l’indennità una tantum è corrisposta nel limite di spesa di cui al primo periodo, nell’anno di conseguimento della valutazione individuale positiva. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente comma si provvede mediante razionalizzazione dell’organico di diritto effettuata a partire dall’anno scolastico 2026/2027″.
Prioritariamente saranno tagliati i posti in organico di potenziamento, decurtandoli dai posti liberati dai pensionamenti.
Numericamente i tagli previsti sono di 1.600 posti per l’anno scolastico 2026/2027, e poi 2.000 posti ogni anno fino al 2030/2031.