Uno dei temi del momento in ambito pedagogico/scolastico è quello della scuola senza voti. Un caso nato a seguito della notorietà ottenuta dal Liceo Morgagni di Roma che in alcune sue sezioni ha tolto il sistema del voto, sostituendolo con un’analisi fatta insieme agli studenti su cosa sia possibile migliorare.
Le opinioni sulla correttezza del metodo si sono divise, con il filosofo e professore universitario Paolo Ercolani che lo ha definito un “istupidimento di massa” che dà il “colpo di grazia alla formazione delle nuove generazioni, mortificando il merito”.
Totalmente opposta è l’opinione di un altro docente universitario, Cristiano Corsini, pedagogista che opera all’Università di Roma Tre.
Per lui, l'efficacia del metodo non è soltanto un’opinione astratta ma è ripetutamente suffragata dalla ricerca scientifica.
“Esistono molte evidenze sperimentali che dimostrano come gli studenti imparino di più e meglio quando al posto dei voti vengono utilizzati strumenti di tipo descrittivo” ha spiegato Corsini in un’intervista al sito tecnicadellascuola.it.
“Da decenni sappiamo che una valutazione di tipo informativo, che descrive punti di forza e debolezza ma si apre anche al futuro donando consigli, è il metodo che nel 95% dei casi funziona meglio. Eppure, sembrano saperlo tutti tranne le scuole, per questo la scelta del Morgagni mi ha sorpreso”.
“Dove si è applicato questo metodo, è stato scoperto che si è abbassata l’ansia da prestazione e gli alunni erano più interessati a ciò che veniva svolto. Si è abbassato anche il clima competitivo all’interno della classe, così si è lavorato meglio e le ore di lezione passavano per tutti senza nemmeno accorgersene. Era come se lavorassero assieme”.
Corsini confuta inoltre anche la teoria della maggiore precisione che i voti avrebbero a differenza del metodo descrittivo/informativo.
“Già 100 anni fa Henri Pieron (professore e psicologo francese) metteva in evidenza il carattere iniquo e inaffidabile del voto. Spiegava come all’esame di Stato francese i commissari dessero voti completamente differenti a compiti simili. E questo accadeva per tutte le materie”.
“Di un sette sappiamo solo che è più di sei e meno di otto ma se vogliamo esprimere tutto il resto dobbiamo descrivere gli elementi della prestazione. Ricorrendo al voto scimmiottiamo soltanto la chiarezza che hanno le scienze esatte, ma non c’è nulla a che vedere con quel tipo di campo nelle faccende umane”.
Per tutto questo, anche nel momento di esaminare uno studente all’università, ci sono per Corsini elementi più importanti della valutazione finale: “Come docente, l’aspetto fondamentale non è che lo studente superi l’esame, ma che io sia in grado di dare lui gli strumenti per superarlo eventualmente in un secondo tentativo, descrivendo ciò che gli è mancato in fase di preparazione. Questo conta più del voto”.
Per Cristiano Corsini dunque, quella di una valutazione descrittiva anziché numerica è una scelta “fondata, sensata e che ha il conforto della prassi e della teoria”.