“Chiudere la scuola nel pomeriggio mi sembrava sciocco e toglieva il diritto agli studenti di utilizzare l’istituzione pensata e studiata per loro. In altri paesi d’Europa poi, questo già succede”. Giacomo Mondelli spiega così l’idea di lasciare aperto per l’intera giornata l’istituto Romanazzi di Bari, di cui fino a pochi mesi fa è stato preside.
Tante aree della scuola sono così state “regalate” agli studenti, perché potessero passare altro tempo insieme, strappandolo alla solitudine dei passatempi casalinghi.
Un’idea simile alla più nota esperienza del Liceo Righi di Roma dove un’associazione gestita dagli stessi studenti permette la fruizione degli spazi scolastici alla cittadinanza, con il cortile della scuola che diventa ogni settimana spazio per proiettare film e ascoltare musica dal vivo.
“Vedere i ragazzi che tornano a scuola dopo il pranzo gratifica. Non si guadagna nulla, ma l’idea che volessero tornare a scuola era per me straordinaria” ha detto Mondelli, oggi in pensione, al sito OrizzonteScuola.
Ma come sono stati convinti ad utilizzare l’edificio anche il pomeriggio? “Ho detto loro che qui avrebbero potuto svolgere attività alternative, avrebbero potuto studiare, ma anche fare tanto altro. Non volevo che ripetessero quanto già fatto al mattino”.
“Così ho cercato di favorire in loro occasioni per trovarsi e discutere di un miglioramento delle cose. Conoscere alunni più grandi o che già erano andati all’università. O ancora permettere che in quegli spazi si cantasse e si facesse musica, qualcosa che i ragazzi desiderano fare e che ci accomuna un po’ tutti”.
Sul piano pratico, l’ex-preside ha spiegato che teneva conto di quanti bidelli fossero disponibili per organizzare i pomeriggi. Poi, in base agli spazi disponibili ogni gruppo di alunni sceglieva un’attività “con piena presa di responsabilità”.
Secondo Mondelli l’insegnamento è qualcosa che non deve avere paura di rinnovarsi, infatti, l’apertura della scuola al pomeriggio non era l’unica particolarità di un istituto che già al mattino si dimostrava innovativo. “Le nostre aule erano senza classi, con gli alunni che si spostavano presso l’aula della singola disciplina. Così, abbiamo abbattuto i rischi che si corrono nel cambio dell’ora”.
“Queste cose si possono fare anche in Italia. Se una persona si fosse allontanata dal nostro paese per poi tornare dopo 50 anni, avrebbe visto a scuola le stesse cose di mezzo secolo prima. E questo è gravissimo”.
Il cambiamento, secondo l’ex-preside dovrebbe partire già dalle scuole elementari: “Alla scuola dell’infanzia tutti gli ambienti di apprendimento sono a misura di bambino e pensati per farli muovere, possono svolgere tante attività, poi arrivano alla primaria e tutto cambia. Non possono più muoversi, né distrarsi. Persino per l’educazione motoria si studia la teoria”.
Sullo sviluppo della lezione infine, Mondelli dimostra di avere idee simili a quelle recentemente pubblicate in un libro da Gustavo Zagrebelsky: non può mai essere solo verticale e ripetitiva ma deve sfruttare le scintille del confronto tra docente e studenti. “Se l’insegnante prepara a casa la lezione, la porta in classe, la spiega e poi interroga non si ha nessuno sviluppo. Non c’è quella rigenerazione della conoscenza, che si ottiene solo con il contraddittorio, con il confronto”.