Le prove invalsi raccontano sempre più di un’Italia divisa in due a livello di istruzione. Mentre le regioni del nord collezionano risultati accettabili infatti, al sud e nelle isole si segnalano risultati decisamente negativi.
A presentare i risultati dell’edizione 2022, nell’aula magna dell’Università La Sapienza, e alla presenza del ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi, è stato il presidente dell’istituto nazionale Invalsi Roberto Ricci.
Quest’anno le prove hanno coinvolto oltre 920.000 allievi della scuola primaria, circa 545.000 studenti della scuola secondaria di primo grado e 950.000 studenti della scuola secondaria di secondo grado, delle classi seconde e dell’ultimo anno.
Mentre la situazione delle scuole primarie è sostanzialmente in equilibrio tra Nord e Sud, diventa complicata nelle scuole superiori.
Il livello nazionale attesta che sono in linea con le indicazioni nazionali il 61% degli studenti di Italiano. Al sud ci si ferma al 50%.
Nel reading di Inglese sono in linea il 78% degli studenti, al sud non si va oltre il 65%. Sostanzialmente in parità invece la situazione in Matematica.
La media nazionale di studenti che termina il percorso di studi con competenze in italiano fortemente inadeguate è del 9,5%. Ad innalzarla sono le regioni meridionali dove il deficit riguarda il 14,9% degli alunni. In Calabria addirittura il 22.4%.
È il fenomeno della dispersione implicita, i ragazzi non abbandonano gli studi ma arrivano alla maturità con forti carenze di base che si riverseranno poi nel mercato del lavoro.
Tra i 18 e i 24 anni, si segnala un giovane su quattro che ha avuto nella propria esperienza scolastica profonde difficoltà di apprendimento.
La dispersione scolastica, quella vera, si attesta invece al 9,7% in linea con il 9,8% dell’anno scorso. Un lieve calo che però resta preoccupante confrontato al 7,5% del dato pre-pandemia del 2019.
Al sud in tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. Inoltre, tra questi ultimi diminuisce la quota di studenti con risultati più elevati.
Questo significa incapacità della scuola di garantire uguali opportunità agli studenti, compromettendo le possibilità di un ascensore sociale.
Altra negatività è poi la mancanza di progressi: “Attraverso i dati delle rilevazioni internazionali, è possibile verificare che alcune delle maggiori criticità riscontrate negli esiti di quest’anno si ritrovano già nei risultati di dieci e vent’anni fa” ha commentato Roberto Ricci.
Per il sindacato FLC CGIL, questi risultati impongono alla politica di ripensare la gestione delle differenze tra nord e sud ma non sono mancati attacchi alla prova stessa.
“La FLC CGIL rifiuta l'idea che l'INVALSI certifichi le competenze dei singoli alunni. L’attività didattica è molto più complessa di una semplice rilevazione estemporanea, generando anche confusione fra genitori e non addetti ai lavori”.
Anche CISL Scuola reclama interventi che risolvano gli squilibri territoriali. “Se questi non avvengono, rischia di essere compromessa anche l'efficacia delle risorse assegnate alle scuole, che non bastano da solea garantire il successo delle azioni di contrasto”.
Un giudizio meno critico sui risultati viene invece dato dall’Associazione Nazionale dei Presidi, con il presidente Antonello Giannelli a sottolineare come non si sia riscontrato un calo nei risultati rispetto all’inizio della pandemia.