Il rapporto Ocse Education at a Glance 2022 ha messo a confronto il mondo dell’istruzione dell’Italia e di altri 11 paesi dell’Unione.
I dati segnalano ancora un ritardo dell’Italia, a livello di conoscenze raggiunte dagli alunni e di percentuali di spesa per la scuola sul PIL.
I paesi OCSE investono sull’istruzione in media il 4,9% del loro PIL, mentre in Italia ci si ferma al 3,8%, addirittura in discesa di 0,1 punti rispetto agli investimenti del 2008. Lo scenario potrebbe persino peggiorare se il calo demografico attuale dovesse proseguire.
Nonostante questi dati l’Italia, per istruire ogni studente dai 6 ai 15 anni, spende quasi 75mila euro, superando la media europea di 72.500 euro secondo un recente report della Fondazione Agnelli. Segno chiaro di scompensi ed errori nelle spese.
Tornando invece al livello di istruzione, in Italia negli ultimi 20 anni è cresciuto più lentamente rispetto alla media OCSE.
I giovani tra i 25 e i 34 anni con un titolo universitario sono in Italia oggi il 28%, contro il 10% del 2000. Una crescita di 18 punti percentuali contro la media OCSE di 21, e l’Italia resta uno dei 12 paesi OCSE in cui la laurea non è il titolo di studio più diffuso nella fascia 25-34 anni.
L’analisi del report riguarda anche le ore di lavoro degli insegnanti, che impiegano una parte importante del loro monte orario in compiti diversi dall’insegnamento.
Nella media dei paesi OCSE, gli insegnanti devono lavorare 1000 ore all’anno nelle scuole dell’infanzia, 800 nelle scuole primarie e 700 in quelle secondarie.
I dati sono simili anche per l’Italia: 945 ore all’infanzia, 744 alla primaria 608 nelle scuole secondarie di primo e secondo grado.