La rivoluzione del reclutamento docenti è ormai realtà e sarà la sesta volta negli ultimi 20 anni. Ieri sera il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del Miur, che sarà integrata nel Pnrr.
Entro il 2024, la riforma porterà all’assunzione di 70mila docenti. “Un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema – ha spiegato il ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi - Puntiamo su un percorso chiaro e definito per accedere all’insegnamento ma sarà la formazione continua l’elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema”
Per essere abilitati all’insegnamento in scuole medie e superiori si dovrà passare da un percorso universitario di formazione fatto da 60 crediti formativi. La metà di questi deriverà da un tirocinio diretto nelle scuole con prova finale abilitante.
Per i precari con 3 anni di servizio alle spalle negli ultimi 5, anche non continuativi, di crediti ne basteranno 30, di cui 15 di tirocinio. Potranno inoltre già partecipare ai concorsi abilitandosi ex-post nell'anno di prova.
Al percorso formativo si potrà accedere anche durante i percorsi di laurea triennale, magistrale o a ciclo unico.
Questo andrà chiarito dal governo, ma la differenza riguardante la parte non relativa a tirocinio è minima, si passa da 24 a 30. Quindi è plausibile che chi li sta sostenendo se li vedrà riconosciuti, per poi dover integrare la parte residua.
Tutti i requisiti di cui sopra serviranno per poter accedere ai concorsi ordinari, che diventeranno annuali. Saranno formati dalla valutazione dei titoli, una prova scritta (che nonostante le polemiche resterà a crocette con il 70% di risposte esatte richieste) e una orale.
Quest’ultima comprenderà una lezione simulata con cui verrà verificata l’attitudine e la capacità d’insegnamento dei docenti del futuro. Un esito positivo permetterà l’immissione in ruolo, dopo un periodo di prova di un anno.
Presentarsi al concorso già abilitati all’insegnamento (un obbligo per chi è senza i 3 anni di servizio) permetterà di avere un punteggio più alto nella valutazione dei titoli.
Per i docenti arriverà poi la formazione continua obbligatoria. Si svolgerà fuori dall’orario di lavoro e potrà essere retribuita dalle scuole se comporterà un ampliamento dell’offerta formativa.
La formazione continua permetterà scatti di stipendio, paralleli a quelli di anzianità, divisi in cinque livelli.
Si supera il primo al termine di un percorso quadriennale, mentre tutti gli altri durano cinque anni. Ogni periodo prevede prove intermedie e una verifica conclusiva, collegata anche al miglioramento dei risultati scolastici ottenuti dagli studenti di ogni insegnante.
In caso di valutazione positiva scatta la progressione salariale, così come prevista dalla contrattazione nazionale.